09 novembre 2010

Riapre il Castello di Oria

 
  
Riapre il castello di Oria: 
convegni, e anche qualche matrimonio, 
all’ombra di Federico II

 Un occhio al business, un altro al territorio e alla storia. 
Sarebbe questa la sintesi dell’operazione avviata dalla nuova proprietà 
del castello di Oria con l’acquisto del 2 luglio 2007, 
ed oggi pervenuta ad una tappa importante con la conclusione delle opere di recupero 
cominciate nell’agosto del 2008. 
Circa 2200 ore di lavoro, sotto la direzione dell’architetto brindisino Severino Orsan 
(lo stesso di “Acque Chiare”) e la supervisione dell’architetto Antonio Bramato 
per la Sovrintendenza di Lecce. 
Perché il Castello di Oria è monumento nazionale, 
e come tale sottoposto alla tutela dell’amministrazione dei Beni Culturali. 
Non è certo il primo e non sarà l’ultimo caso, però, 
in cui interesse imprenditoriale e funzione culturale convoleranno a nozze: 
la famiglia Romanin-Caliandro 
(lui, Giuseppe, ex pilota militare, lei Isabella, originaria di Ceglie Messapica, 
col piglio di dirigente d’azienda)
infatti ne ha fatto un centro per convegni ed eventi anche mondani.
 
Questo è stato detto oggi, in parte nel corso della cerimonia ufficiale,
in parte ai margini della stessa. Giuseppe Romanin e Isabella Caliandro 
hanno acquisito il complesso della fortezza che domina Oria, 
una delle più importanti della Puglia, 
dai proprietari precedenti Martini Carissimo 
attraverso la loro società Borgo Ducale Srl, 
quella che occupa del settore ricettivo tra le attività di famiglia 
(in cui c’è anche una fabbrica di porte tagliafuoco e di sicurezza 
nella zona industriale di Brindisi, la Fael), 
con lo scopo di inserirla nel circuito del turismo congressuale, 
che dovrebbe rivelarsi un moltiplicatore per il marketing territoriale di Oria. 
Ma, spiega la figlia Emanuela, 
alla quale è stata affidata la gestione della storica struttura, 
ci sarà anche un’apertura all’industria dei matrimoni di alto livello.
Del resto, ad occhio, nell’operazione i Romanin hanno speso più dei cinque milioni 
di cui si parla (oltre ai 7,5 dell’acquisto). 
Tutto il blocco abitativo del castello è stato recuperato 
e trasformato in una maison tardo-rinascimentale senza risparmio per stucchi, 
legni, lampadari in cristallo e mobili. 
L’enorme e modernissima cucina può soddisfare ben più delle esigenze 
di alcune decine di convegnisti, 
e tutto ciò deve girare bene per giustificare l’investimento. 
Giuseppe Romanin stamani ha parlato di un 
“uso del castello coerente con la sua storia secolare”, 
con attività “compatibili con la storia e la cultura del luogo”. 
Questa la parte privata. 

La parte accessibile al pubblico è stata ampliata, 
dicono i nuovi proprietari, con l’imminente riapertura del museo, 
della sala delle armi e del tour sopra bastioni e camminamenti.

Il castello aveva bisogno di urgenti interventi di consolidamento, 
soprattutto alle torri. 
Tutto è stato portato a termine, la piazza d’armi è ora uno spazio enorme ben lastricato, 
con palme e prato ben curato, 
dai blocchi in pietra tufacea è stato rimossa la patina dei secoli. 
Su, nel grande salone dove si svolge la cerimonia, i lampadari scintillano, 
e qualche politico locale si meraviglia che i giornalisti siedano nelle prime file 
dove ci sono i cartellini “autorità”. 
Ma se è una conferenza stampa, dove dovrebbero sedersi gli inviati 
di giornali e televisioni, alle spalle dei consiglieri comunali? 
Intanto si comincia con una polemica tutt’altro che velata 
del sindaco del Pdl, Cosimo Ferretti, 
che accusa la Regione Puglia di essere assente oggi come lo era stata tre anni fa, 
quando non si riuscì a trovare i soldi per esercitare il diritto di prelazione nell’acquisto.
Ma deve trattarsi più di una boutade pre-elettorale che di amarezza,
visto che dai rapporti piuttosto polemici con i Martini Carissimo dell’estate 2007 
(il sindaco fu avvertito del fatto che il castello era in vendita dal Ministero e non dai proprietari),
Ferretti passa ai ringraziamenti sentitissimi nei confronti degli stessi. 
Ma è solo l’inizio: Ferretti approfitta dell’occasione e passa subito 
alla pubblicità a favore del movimento per la Regione Salento 
(cui il consiglio comunale di Oria ha aderito), 
una cosa che, a quanto pare, interessa molto poco a Brindisi e Taranto 
che con i loro porti e le loro zone industriali hanno 
ben altri grattacapi, ruoli e aspirazioni.
Ma non è tutto. 

C’è il sottosegretario Alfredo Mantovano che spara una cartuccia 
nella schiena del “Sud piagnone” ed esalta invece quel Meridione 
 che sa valorizzare le proprie risorse senza chiedere nulla. 
Neppure – il sottosegretario usa parole chiare – soldi allo Stato. 
Insomma, basta con la lamentela dei fondi Fas fregati dalla Lega 
per coprire le magagne dei produttori di latte del Nord. 
Bisogna dimostrare di saper fare senza. 
Noi avevamo capito invece che l’Unione Europea avesse chiesto all’Italia 
( e non solo al Sud) di dimostrare di saper fare meglio, con i soldi. 
C’è un equivoco. 
O c’è una campagna elettorale alle porte in cui qualcuno 
dovrà spiegare dove sono finiti i finanziamenti per il Mezzogiorno.
Insomma, meno male che c’è Massimo Ferrarese 
a riportare al centro la valenza sul piano del marketing territoriale 
dell’investimento fatto dai Romanin. 
In questo castello dove lui veniva “da bambino” 
vede anche l’origine e le radici del marchio Filia Solis 
con cui vende in giro le risorse paesaggistiche e ricettive 
della provincia di Brindisi. 
Fu proprio Federico II a battezzare così Brindisi, 
quando ci arrivò nel 1215 per promuovere una nuova crociata. 
Secondo alcune fonti fu lo Stupor Mundi 
a decidere che anche il maniero di Oria 
dovesse essere ricostruito e rinforzato come quelli 
di Brindisi, Bari e Trani, 
mentre per altri si trattò di una decisione 
del figlio Manfredi, nel 1250.

L’evento inaugurale prevede anche un giro nella fortezza e un buffet, 
mentre dall’11 novembre si fa sul serio perché c’è il primo convegno, 
un corso di allergologia. 

 Sul sagrato della cattedrale, duecento metri più giù, 
c’è la statua bronzea di un condottiero. 
Ma chi è? 
La patina verdastra, le scritte a pennarello e con la vernice la deturpano
(gli hanno anche disegnato addosso ciò che dovrebbe essere pudicamente coperto dalla tunica). 
La mano destra è stata mozzata chissà quando e chissà da chi. 
Scopriamo sul web che oritani indignati ne reclamano inascoltati il restauro. 
Una gentile volontaria della protezione civile  ci spiega 
che non si tratta di una raffigurazione di Federico II, 
ma di Costantino che una volta reggeva l’Editto di Milano. 
Che ci sia un imperatore di troppo, in questa città?

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