Nella Settimana Santa della Liturgia cristiana,
che va dalla Domenica delle Palme alla Domenica di Pasqua,
vi sono tre giorni che primeggiano per la loro solennità ed unicità,
ed è il “Triduo Pasquale”,
nel quale si commemora la crocifissione, sepoltura e Resurrezione
di Gesù Cristo ed incomincia con la Messa vespertina del Giovedì Santo,
prosegue con i riti del Venerdì Santo;
al suo centro c’è la Veglia pasquale e si chiude ai Vespri
della Domenica di Pasqua.
Se nel Giovedì Santo predomina la solennità dell’istituzione dell’Eucaristia,
dell’istituzione del Sacerdozio e della Chiesa di Cristo;
se nel Venerdì Santo predomina la mestizia,
il dolore e la penitenza,
nel ricordare la Passione e morte di Gesù, con la sua sepoltura;
nel Sabato Santo invece predomina il silenzio,
il raccoglimento, la meditazione, per Gesù che giace nel sepolcro;
poi verrà la gioia della Domenica di Pasqua
con la sua Resurrezione,
ma nel sabato incombe il silenzio del riposo della morte.
Con la nostra meditazione, andiamo col pensiero,
alla disperazione e disorientamento degli Apostoli e degli amici di Gesù,
che dopo averlo seguito nei suoi itinerari in Galilea,
assistito ai suoi prodigi, ascoltato i suoi insegnamenti,
così pieni di speranza e innovativi per quell’epoca,
l’avevano visto poi morire così tragicamente,
senza che qualcosa o qualcuno, tanto meno Lui stesso,
abbia bloccato questo ingiusto e assurdo evento.
Tutto prenderà poi un’altra luce, il peso che opprime il loro animo
si trasformerà in gioia e sollievo, alla notizia della Sua Resurrezione,
ma il Sabato, cioè il giorno dopo la morte,
che per gli Ebrei era il giorno sacro e del più assoluto riposo,
resterà cupo e pieno di sgomento per loro,
che ignoravano ciò che sarebbe avvenuto dopo.
Ma nella liturgia, non sempre è stato così, a partire dal IV secolo
in alcuni luoghi, in questo giorno i candidati al Battesimo (Catecumeni),
facevano la loro pubblica professione di fede, prima di venire ammessi nella Chiesa,
rito che avveniva poi nella Veglia di Pasqua.
Verso il XVI secolo, si cominciò con un’anticipazione
della Vigilia alla mattina del Sabato Santo,
forse perché non era consigliabile stare di notte fuori casa,
ad ogni modo questa anticipazione al mattino del Sabato,
è durata fino agli ultimi anni Cinquanta del XX secolo;
ricordo personalmente che la “Gloria” si “scioglieva” verso le 10-11
del mattino del sabato, con il suono delle campane, appunto “sciolte”
dai legami messi la sera del Giovedì Santo.
Poi con la riforma liturgica Conciliare,
tutto è ritornato come alle origini e il Sabato ha ripreso il significato del giorno della meditazione e penitenza;
l’oscurità nelle chiese è totale, non vi sono celebrazioni liturgiche, né Sante Messe; è l’unico giorno dell’anno che non si può ricevere la S. Comunione,
tranne nel caso di Viatico per gli ammalati gravi.
Tutto è silenzio nell’attesa dell’evento della Resurrezione.
Quanto tempo restò sepolto nel sepolcro Gesù?
Furono tre giorni non interi, dalla sera del Venerdì fino all’alba del giorno dopo la festa del Sabato ebraico, che oggi è la Domenica di Pasqua,
ma che per gli Ebrei era il primo giorno della settimana;
in tutto durò circa 40 ore.
Bisogna dire che con la liturgia odierna, la “Veglia Pasquale” è prevista in buona parte delle nostre chiese e cattedrali, con inizio verso le 22,30-23 del sabato;
ma la “Veglia”, madre di tutte le Veglie celebrate dalla Liturgia cristiana,
pur iniziando nell’ultima ora del sabato,
di fatto appartiene alla Liturgia solenne della Pasqua.
Durante la “Veglia” viene benedetto il fuoco,
il ‘cero pasquale’, l’acqua battesimale;
cercando di far coincidere il canto del ‘Gloria’,
con il suono delle campane a festa, verso mezzanotte.
In altre zone la “Veglia” inizia verso mezzanotte
e quindi la liturgia eucaristica prosegue nelle prime ore notturne.
Autore: Antonio Borrelli