Era il compito dello schiavo lavare i piedi al padrone.
Gesù capovolge i ruoli del padrone e dello schiavo...
Ordinato sacerdote nella Cattedrale di Altamura nel 1977,
in seguito (dal 1996) capo ufficio presso la Santa Sede presso
la Congregazione per i vescovi, quindi il 14 maggio 2005
papa Benedetto XVI lo ha voluto vescovo di Oria (Brindisi)
e il 15 luglio 2009 arcivescovo nell'attuale diocesi in cui rientra anche
San Giovanni Rotondo.
Nel 2009 ha chiuso l'ostensione straordinaria delle spoglie di
San Pio da Pietrelcina (iniziata il 24 aprile 2008)
dopo la ricognizione del corpo del santo;
nel 2013 ha annunciato l'ostensione permanente del corpo
di San Pio da Pietrelcina.
“È stato un pastore illuminato,
dotato della virtù dell’ascolto, orientato alla concordia e alla conciliazione.
Con spirito di fede e con l’animo aperto alla speranza
ha saputo affrontare la malattia, edificando tutti per il coraggio e
la cristiana rassegnazione con cui ha cercato,
fino alla fine, di conciliare le limitazioni imposte dalle
esigenze terapeutiche e dalla riduzione delle forze fisiche
con gli impegni pastorali”.
LA CAMERA ARDENTE
La salma del vescovo Michele sarà esposta nella giornata di sabato 05 maggio 2018 presso la Cappella Grande di Casa Sollievo della Sofferenza sino alle ore 12.00 – durante la mattinata ci saranno momenti di preghiera organizzati dai Cappellani e dalle Suore di Casa Sollievo della Sofferenza.
Sabato 05 maggio 2018 la salma del vescovo Michele sarà trasferita a Manfredonia ove sarà esposta nella chiesa Cattedrale dalle ore 16.00 fino al giorno 07 maggio 2018 alle ore 13.00.
I FUNERALI
Alle ore 13.00 del 07 maggio 2018 il feretro verrà portato a San Giovanni Rotondo presso la Chiesa nuova di San Pio da Pietrelcina, ove alle ore 16.00 vi si celebreranno le esequie.
...l'Ultimo Saluto di Monsignor Castoro Michele
ai fedeli per la
Santa Pasqua 2018...
Il testamento spirituale di mons. Michele Castoro, testo integrale
“In
questo lunedì dell’Angelo,
illuminato dalla luce della Resurrezione,
avendo ancora vivide negli occhi e
soprattutto nel cuore, le parole e le
immagini della visita di Papa Francesco a
San Giovanni Rotondo il 17
Marzo 2018 e la
commovente lettera autografa che il Pontefice mi ha
scritto all’indomani
della sua venuta ripenso all’intero arco della mia
vita.
In particolare, al dono della vocazione sacerdotale
– che
quarant’anni fa ha trovato il suo compimento
nell’Ordinazione ricevuta
nella cattedrale di Altamura e desidero testimoniare ancora una volta
la
mia gioia di cristiano, di prete e di Vescovo.
“Rendo grazie al tuo
nome per la tua fedeltà e la tua misericordia” (Sal 137, 2).
L’insorgere
della malattia e l’avvicinarsi dell’anzianità mi mettono davanti
all’orizzonte della vita eterna, quella vita beata ed incessante che oso
sperare dalla misericordia di Dio, e che ho desiderato lungo tutto il
cammino dei miei giorni.
In tutto l’amore che ho ricevuto l’ho già
assaporata: ne ho intravisto la bellezza
nella mia famiglia di sangue,
nell’amore che i miei genitori hanno saputo dare a me,
alle mie sorelle e
ai miei fratelli, in uno stile semplice e laborioso,
che ci ha nutriti
ed incoraggiati, ispirandoci ogni giorno lungo le vie
delle nostre vite.
L’ho scorta soprattutto nella evangelicità della vita ecclesiale,
sgorgata per me dal battesimo che mi ha fatto rinascere e poi vivere
per
sempre in questa seconda famiglia, quella di fede, prima ad Altamura,
poi in seminario a Bari e a Roma, sotto la protezione della Madonna
della Fiducia,
e di nuovo ad Altamura nei primi anni di mi- nistero,
fino al lungo ed
entusiasmante servizio alla Santa Sede, vissuto per
vent’anni, dal 1985 al 2005.
Sono stati anni in cui ho imparato ad amare
e servire la Chiesa,
esprimendo così con tutto me stesso la gratitudine
per quello che in essa ho ricevuto:
la fede, la conoscenza del nome di”
Gesù, il vangelo, la grazia, la fraternità!
Che grande dono avere
vissuto in essa! Mai potrò riuscire a dire compiutamente
il mio grazie
al Signore per la luce della maternità ecclesiale.
Tutto ciò che ho
fatto nel mio ministero, tutto ciò che ho detto e realizzato,
tutto il
servizio che con la mia povera vita sono riuscito a portare avanti,
non è
stato che il modo per ringraziare Dio di quanto mi ha donato attraverso
la Chiesa.
Ho scelto di donare la mia vita perché potesse continuare a
crescere il mistero
che Sant’Alberto Magno descrive così:
“giorno per
giorno la Chiesa partorisce Cristo stesso nei cuori di chi ascolta per
mezzo della fede” (Commento all’Apocalisse 12,5).
La
Provvidenza, attraverso le sue vie misteriose, mi ha portato ad
essere
vicino al Papa san Giovanni Paolo II, che ho servito con lealtà ed
umiltà nella Congregazione per i Vescovi; mi ha condotto ad essere unito
in modo particolare al Collegio Cardinalizio, nel mio ufficio di
Archivista
e di Sostituto della Segreteria, conoscendo da vicino anche
colui che del Papa
santo sarebbe stato il successore sul soglio di
Pietro,
il grande ed umile Papa Benedetto XVI.
Quanta inaspettata grazia, quanti doni immeritati sono usciti dalla mano
del Signore per me.
Mai
avrei pensato che quel bambino di Altamura che voleva diventare prete
avrebbe
poi gioito di tanta straordinaria ecclesialità. Voglio esprimere
con sincerità a tutti
che sempre mi sono sentito piccolo mentre
percepivo di servire il cuore della Chiesa,
e che l’ho amata più di me
stesso. E quando attraverso di essa Dio
mi ha chiamato a diventare
Vescovo, di Oria prima ed ora di
Manfredonia-Vieste-San Giovanni
Rotondo,
ho accettato di prendere il mio bastone di pellegrino e
di
partire proprio per continuare a dire il mio grazie a Colei
che ho
sempre sentito madre e maestra. Oggi lo faccio illuminato ed
ispirato
dal magistero di Papa Francesco, maestro per me di evangelico ardore.
Tornato nella mia terra dopo aver vissuto tanti anni nella Città Eterna,
il Signore mi ha fatto gusta re quanto il volto della Chiesa sia bello
sempre,
e quando si rivela nei tratti di quello dei suoi grandi Pastori,
e quando esso riluce in quello dei suoi figli più piccoli.
La
stessa luce che brillava negli occhi dei Sommi Pontefici
l’ho ritrovata
nello sguardo dei bambini nelle parrocchie che ho visitato,
degli
ammalati che a san Giovanni Rotondo hanno trovato cura e
speranza, dei
tanti fratelli e sorelle che il ministero episcopale
mi fa incontrare,
ascoltare, accompagnare.
Sì, davvero la Chiesa è bella,
davvero in essa
assaporo già che cosa sarà la vita eterna, che chiedo
al Signore per me
malgrado i miei peccati e le mie mancanze.
Di
essi chiedo perdono, a Dio e a tutti coloro ai quali posso aver fatto
del male,
soprattutto con le mie omissioni, che mi hanno impedito di
compiere tutto il bene che invece avrei potuto e dovuto realizzare. Da
parte mia non voglio lasciare questa
vita terrena portando rancore a
nessuno, e davvero posso dire di non provarne per alcuno.
So bene che la
fragilità e la povertà della nostra condizione creaturale ci
porta nei
rapporti tra di noi a non essere sempre capaci di amore
e di rispetto,
so di essere rimasto anche io condizionato da questa limitatezza,
e
perciò chiedo a tutti il dono della misericordia fraterna, che
volentieri
da parte mia a tutti offro. Anche questa misericordia offerta
e ricevuta
tra fratelli esprime la bellezza della Chiesa, ne è forse la
parte migliore.
Continuo il mio
cammino in nomine Jesu, finché Egli vorrà, pronto a servire
i miei
fratelli sulla terra, ma anche a far fiorire questo servizio
in una lode
eterna al cospetto di Dio. Il Nome benedetto di Gesù
mi accompagna e mi
custodisce nei giorni del mio pellegrinaggio terreno, è stato
ed è ogni
giorno la mia ispirazione e la mia gioia nel servizio pastorale,
guidato dallo Spirito Santo. Lo stesso Nome di Gesù
vorrei che fosse il
motivo della mia lode nell’eternità del Paradiso,
che con il cuore
contrito ed umiliato invoco dal Padre,
per intercessione della beata
vergine Maria, madre della Chiesa,
e dei Santi Barsanofio,
Michele
arcangelo,
Lorenzo Maiorano
e Pio da Pietrelcina. Amen!
Alleluja!”
Manfredonia, 2 aprile 2018
+ Michele Castoro
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