"Il minuscolo borgo di Monteruga
sorge durante il ventennio fascista e,
con le sue case, la scuola e la chiesa,
è solo un puntino nelle campagne di Veglie (Le),
che volgono dolcemente verso il Mar Jonio.
Adriana Diso c’era: la scuola, ....
con il suo grembiulino nero,
sul vicino “monte” a guardare il tramonto,
nella sua casa,
diventata tanto fredda dopo la morte della mamma.
Adriana ci è rimasta:
ha visto fiorire il suo giardino
tra le mani della mamma “nuova”,
ha ricamato il suo “corredo” con le amiche
e poi ha sposato il suo Biagio, lì, nella chiesa.
Adriana Diso,
come tutti gli altri abitanti,
ha lasciato Monteruga ormai da 40 anni e
con il suo libro ci ritorna con il cuore.
...Ed un sospiro."
La vita, a Monteruga, se n'è andata trent'anni fa.
E non è vero che a volte il tempo si ferma: qui ha scavato lentamente,
permettendo all'incuria e alla desolazione di trasformare
una fiorente azienda agricola in un paese fantasma.
Salento, sulla strada che congiunge San Pancrazio salentino a Torre Lapillo:
Monteruga è un borgo nato in epoca fascista,
dallo sviluppo dell'omonima masseria che come tante altre
costellava le campagne tra San Pancrazio, Salice e Veglie.
La frazione appartiene tuttora a quest'ultimo comune,
e continua a essere segnalata dalle indicazioni stradali di recente fattura.
Eppure, a voler entrarci, non è semplice.
Bisogna ignorare i cartelli arrugginiti che indicano la proprietà privata,
e una volta arrivati in quella che un tempo era la piazza centrale,
non farsi prendere dalla suggestione.
Il portone della chiesa è sfondato, come nel più banale dei film dell'orrore.
All'interno i calcinacci hanno invaso l'altare, e fuori la scena non è poi tanto diversa:
il porticato dove un tempo c'erano le dimore dei contadini
- anche stagionali, fino ad arrivare a 800 abitanti -
sta crollando, come il soffitto di buona parte degli edifici,
di quello che un tempo era il frantoio, del deposito tabacchi e della cantina.
Sì, perché a Monteruga c'era tutto il necessario perché si parlasse di
un vero e proprio paese: la scuola rurale e la caserma,
la chiesa e il dopolavoro, la piazza e il campo da bocce.
Qui la vita c'era, fino a metà degli anni '80, e ha lasciato il segno.
Quell'agglomerato di epoca fascista
- con i motti tipici del regime ancora leggibili all'interno dello stabilimento vitivinicolo - riuniva le masserie dei dintorni, nuclei isolati che avevano visto la possibilità
del salto di qualità quando la Sebi
(Società elettrica per bonifiche e irrigazioni)
aveva acquistato un paio di strutture dell'Arneo,
accaparrandosi oltre mille ettari di terreno.
Era il progresso, e a Monteruga erano arrivate famiglie intere dal
basso Salento e da altre regioni.
C'era una comunità autonoma che viveva dei prodotti della terra
- divisi ovviamente in percentuali, a favore dell'azienda -
c'erano amori e matrimoni, campi estivi e comunioni.
"La festa più attesa era quella di sant'Antonio, il 17 gennaio.
Nostro padre comprava i regali per i bambini, per conto dell'azienda",
ricordano Elio e Adriana Diso.
Loro a Monteruga ci sono nati, erano
"i figli del fattore Pippi, privilegiati perché la nostra casa era l'unica
con il bagno interno.
Le altre, una cucina e una camera da letto per famiglia,
ce l'avevano all'esterno".
I ricordi di Elio e Adriana sono quelli di ogni infanzia spensierata,
vissuta inseguendo un pallone all'aria aperta o giocando con le bambole,
"in una distesa di pini infinita".
Adriana a Monteruga si è pure sposata, alla fine degli anni '70.
Il declino del suo paese d'origine, di quel luogo del cuore che
ormai esiste solo nella sua memoria, sarebbe arrivato di lì a poco.
Complice la privatizzazione, la spartizione dei terreni,
la pulsione dei centri urbani che attiravano a sé sempre più agricoltori.
Monteruga si è sfaldato come una zolla,
passando da una mano all'altra:
dopo l'Ente riforma e l'Iri,
si è parlato di un influente esponente del partito socialista dell'era Craxi,
di un borgo usato come merce di scambio politico
- soprattutto per il valore degli sconfinati terreni circostanti, molto fertili -
dell'interesse di vari imprenditori fino a Maurizio Zamparini,
il presidente del Palermo calcio che un paio d'anni fa
aveva messo gli occhi sulla proprietà,
con l'obiettivo - poi sfumato - di trasformarla nel più grande
parco fotovoltaico d'Europa.
Il risultato è che Monteruga è ormai morto,
se non fosse per la memoria di chi ci ha vissuto.
Le istituzioni hanno chinato troppo spesso il capo,
non hanno voluto vederne le potenzialità:
altrove una realtà del genere sarebbe già listata come uno dei
"borghi più belli d'Italia".
Così come sarebbe stato semplice intravedere l'attrattiva turistica
che il Salento aveva cominciato a esercitare per farne un resort di lusso,
di quelli che tanto piacciono agli stranieri.
Ancora, Monteruga è in una posizione strategica,
sulla linea che congiunge l'Adriatico allo Ionio,
proprio accanto alla pista Prototipo acquisita di recente dalla Porsche.
Invece niente, il borgo resta a guardare e diventa ogni giorno più spettrale.
L'unico turismo che sembra conoscere è quello dell'abbandono,
quello di curiosi o audaci che si infilano tra sterpaglie ed edifici
fatiscenti alla ricerca di nulla in particolare.
È un fantasma, che ogni tanto ritorna agli onori delle cronache.
fonte: http: bari.repubblica.it
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