LA CAMERA ARDENTE
La salma del vescovo Michele sarà esposta nella giornata di sabato 05 maggio 2018 presso la Cappella Grande di Casa Sollievo della Sofferenza sino alle ore 12.00 – durante la mattinata ci saranno momenti di preghiera organizzati dai Cappellani e dalle Suore di Casa Sollievo della Sofferenza.
Sabato 05 maggio 2018 la salma del vescovo Michele sarà trasferita a Manfredonia ove sarà esposta nella chiesa Cattedrale dalle ore 16.00 fino al giorno 07 maggio 2018 alle ore 13.00. I FUNERALI
Alle ore 13.00 del 07 maggio 2018 il feretro verrà portato a San Giovanni Rotondo presso la Chiesa nuova di San Pio da Pietrelcina, ove alle ore 16.00 vi si celebreranno le esequie.
...l'Ultimo Saluto di Monsignor Castoro Michele
ai fedeli per la
Santa Pasqua 2018...
Il testamento spirituale di mons. Michele Castoro, testo integrale
“In
questo lunedì dell’Angelo,
illuminato dalla luce della Resurrezione,
avendo ancora vivide negli occhi e
soprattutto nel cuore, le parole e le
immagini della visita di Papa Francesco a
San Giovanni Rotondo il 17
Marzo 2018 e la
commovente lettera autografa che il Pontefice mi ha
scritto all’indomani
della sua venuta ripenso all’intero arco della mia
vita.
In particolare, al dono della vocazione sacerdotale
– che
quarant’anni fa ha trovato il suo compimento
nell’Ordinazione ricevuta
nella cattedrale di Altamura e desidero testimoniare ancora una volta
la
mia gioia di cristiano, di prete e di Vescovo.
“Rendo grazie al tuo
nome per la tua fedeltà e la tua misericordia” (Sal 137, 2).
L’insorgere
della malattia e l’avvicinarsi dell’anzianità mi mettono davanti
all’orizzonte della vita eterna, quella vita beata ed incessante che oso
sperare dalla misericordia di Dio, e che ho desiderato lungo tutto il
cammino dei miei giorni.
In tutto l’amore che ho ricevuto l’ho già
assaporata: ne ho intravisto la bellezza
nella mia famiglia di sangue,
nell’amore che i miei genitori hanno saputo dare a me,
alle mie sorelle e
ai miei fratelli, in uno stile semplice e laborioso,
che ci ha nutriti
ed incoraggiati, ispirandoci ogni giorno lungo le vie
delle nostre vite.
L’ho scorta soprattutto nella evangelicità della vita ecclesiale,
sgorgata per me dal battesimo che mi ha fatto rinascere e poi vivere
per
sempre in questa seconda famiglia, quella di fede, prima ad Altamura,
poi in seminario a Bari e a Roma, sotto la protezione della Madonna
della Fiducia,
e di nuovo ad Altamura nei primi anni di mi- nistero,
fino al lungo ed
entusiasmante servizio alla Santa Sede, vissuto per
vent’anni, dal 1985 al 2005.
Sono stati anni in cui ho imparato ad amare
e servire la Chiesa,
esprimendo così con tutto me stesso la gratitudine
per quello che in essa ho ricevuto:
la fede, la conoscenza del nome di”
Gesù, il vangelo, la grazia, la fraternità!
Che grande dono avere
vissuto in essa! Mai potrò riuscire a dire compiutamente
il mio grazie
al Signore per la luce della maternità ecclesiale.
Tutto ciò che ho
fatto nel mio ministero, tutto ciò che ho detto e realizzato,
tutto il
servizio che con la mia povera vita sono riuscito a portare avanti,
non è
stato che il modo per ringraziare Dio di quanto mi ha donato attraverso
la Chiesa.
Ho scelto di donare la mia vita perché potesse continuare a
crescere il mistero
che Sant’Alberto Magno descrive così:
“giorno per
giorno la Chiesa partorisce Cristo stesso nei cuori di chi ascolta per
mezzo della fede” (Commento all’Apocalisse 12,5).
La
Provvidenza, attraverso le sue vie misteriose, mi ha portato ad
essere
vicino al Papa san Giovanni Paolo II, che ho servito con lealtà ed
umiltà nella Congregazione per i Vescovi; mi ha condotto ad essere unito
in modo particolare al Collegio Cardinalizio, nel mio ufficio di
Archivista
e di Sostituto della Segreteria, conoscendo da vicino anche
colui che del Papa
santo sarebbe stato il successore sul soglio di
Pietro,
il grande ed umile Papa Benedetto XVI.
Quanta inaspettata grazia, quanti doni immeritati sono usciti dalla mano
del Signore per me.
Mai
avrei pensato che quel bambino di Altamura che voleva diventare prete
avrebbe
poi gioito di tanta straordinaria ecclesialità. Voglio esprimere
con sincerità a tutti
che sempre mi sono sentito piccolo mentre
percepivo di servire il cuore della Chiesa,
e che l’ho amata più di me
stesso. E quando attraverso di essa Dio
mi ha chiamato a diventare
Vescovo, di Oria prima ed ora di
Manfredonia-Vieste-San Giovanni
Rotondo,
ho accettato di prendere il mio bastone di pellegrino e
di
partire proprio per continuare a dire il mio grazie a Colei
che ho
sempre sentito madre e maestra. Oggi lo faccio illuminato ed
ispirato
dal magistero di Papa Francesco, maestro per me di evangelico ardore.
Tornato nella mia terra dopo aver vissuto tanti anni nella Città Eterna,
il Signore mi ha fatto gusta re quanto il volto della Chiesa sia bello
sempre,
e quando si rivela nei tratti di quello dei suoi grandi Pastori,
e quando esso riluce in quello dei suoi figli più piccoli.
La
stessa luce che brillava negli occhi dei Sommi Pontefici
l’ho ritrovata
nello sguardo dei bambini nelle parrocchie che ho visitato,
degli
ammalati che a san Giovanni Rotondo hanno trovato cura e
speranza, dei
tanti fratelli e sorelle che il ministero episcopale
mi fa incontrare,
ascoltare, accompagnare.
Sì, davvero la Chiesa è bella,
davvero in essa
assaporo già che cosa sarà la vita eterna, che chiedo
al Signore per me
malgrado i miei peccati e le mie mancanze.
Di
essi chiedo perdono, a Dio e a tutti coloro ai quali posso aver fatto
del male,
soprattutto con le mie omissioni, che mi hanno impedito di
compiere tutto il bene che invece avrei potuto e dovuto realizzare. Da
parte mia non voglio lasciare questa
vita terrena portando rancore a
nessuno, e davvero posso dire di non provarne per alcuno.
So bene che la
fragilità e la povertà della nostra condizione creaturale ci
porta nei
rapporti tra di noi a non essere sempre capaci di amore
e di rispetto,
so di essere rimasto anche io condizionato da questa limitatezza,
e
perciò chiedo a tutti il dono della misericordia fraterna, che
volentieri
da parte mia a tutti offro. Anche questa misericordia offerta
e ricevuta
tra fratelli esprime la bellezza della Chiesa, ne è forse la
parte migliore.
Continuo il mio
cammino in nomine Jesu, finché Egli vorrà, pronto a servire
i miei
fratelli sulla terra, ma anche a far fiorire questo servizio
in una lode
eterna al cospetto di Dio. Il Nome benedetto di Gesù
mi accompagna e mi
custodisce nei giorni del mio pellegrinaggio terreno, è stato
ed è ogni
giorno la mia ispirazione e la mia gioia nel servizio pastorale,
guidato dallo Spirito Santo. Lo stesso Nome di Gesù
vorrei che fosse il
motivo della mia lode nell’eternità del Paradiso,
che con il cuore
contrito ed umiliato invoco dal Padre,
per intercessione della beata
vergine Maria, madre della Chiesa,
Il 1° maggio nasce il 20 luglio 1889, a Parigi. A lanciare l'idea è il congresso della Seconda Internazionale, riunito in quei giorni nella capitale francese:
"Una grande manifestazione sarà organizzata per una data stabilita, in modo che simultaneamente in tutti i paesi e in tutte le città, nello stesso giorno, i lavoratori chiederanno alle pubbliche autorità di ridurre per legge la giornata lavorativa a otto ore e di mandare ad effetto le altre risoluzioni del Congresso di Parigi".
Poi, quando si passa a decidere sulla data, la scelta cade sul 1 maggio. Una scelta simbolica: tre anni prima infatti, il 1 maggio 1886, una grande manifestazione operaia svoltasi a Chicago, era stata repressa nel sangue.
Man mano che ci si avvicina al 1 maggio 1890 le organizzazioni dei lavoratori intensificano l'opera di sensibilizzazione sul significato di quell'appuntamento.
"Lavoratori - si legge in un volantino diffuso a Napoli il 20 aprile 1890 - ricordatevi il 1 maggio di far festa.
In quel giorno gli operai di tutto il mondo, coscienti dei loro diritti, lasceranno il lavoro per provare ai padroni che, malgrado la distanza e la differenza di nazionalità, di razza e di linguaggio, i proletari sono tutti concordi nel voler migliorare la propria sorte e conquistare di fronte agli oziosi il posto che è dovuto a chi lavora.
Viva la rivoluzione sociale!
Viva l'Internazionale!".
Monta intanto un clima di tensione, alimentato da voci allarmistiche: la stampa conservatrice interpreta le paure della borghesia, consiglia a tutti di starsene tappati in casa, di fare provviste, perché non si sa quali gravi sconvolgimenti potranno accadere.
Da parte loro i governi, più o meno liberali o autoritari, allertano gli apparati repressivi.
In Italia il governo di Francesco Crispi usa la mano pesante, attuando drastiche misure di prevenzione e vietando qualsiasi manifestazione pubblica sia per la giornata del 1 maggio che per la domenica successiva, 4 maggio.
In diverse località, per incoraggiare la partecipazione del maggior numero di lavoratori, si è infatti deciso di far slittare la manifestazione alla giornata festiva.
Del resto si tratta di una scommessa dall'esito quanto mai incerto: la mancanza di un unico centro coordinatore a livello nazionale - il Partito socialista e la Confederazione generale del lavoro sono di là da venire - rappresenta un grave handicap dal punto di vista organizzativo. Non si sa poi in che misura i lavoratori saranno disposti a scendere in piazza per rivendicare un obiettivo, quello delle otto ore, considerato prematuro da gran parte dei dirigenti del movimento operaio italiano o per testimoniare semplicemente una solidarietà internazionale di classe.
Proprio per questo la riuscita del 1 maggio 1890 costituisce una felice sorpresa, un salto di qualità del movimento dei lavoratori, che per la prima volta dà vita ad una mobilitazione su scala nazionale, per di più collegata ad un'iniziativa di carattere internazionale.
In numerosi centri, grandi e piccoli, si svolgono manifestazioni, che fanno registrare quasi ovunque una vasta partecipazione di lavoratori.
Un episodio significativo accade a Voghera, dove gli operai, costretti a recarsi al lavoro, ci vanno vestiti a festa.
"La manifestazione del 1 maggio - commenta a caldo Antonio Labriola - ha in ogni caso superato di molto tutte le speranze riposte in essa da socialisti e da operai progrediti. Ancora pochi giorni innanzi, la opinione di molti socialisti, che operano con la parola e con lo scritto, era alquanto pessimista".
Anche negli altri paesi il 1 maggio ha un'ottima riuscita:
"Il proletariato d'Europa e d'America - afferma compiaciuto Fiedrich Engels - passa in rivista le sue forze mobilitate per la prima volta come un solo esercito. E lo spettacolo di questa giornata aprirà gli occhi ai capitalisti".
Visto il successo di quella che avrebbe dovuto essere una rappresentazione unica, viene deciso di replicarla per l'anno successivo.
Il 1 maggio 1891 conferma la straordinaria presa di quell'appuntamento e induce la Seconda Internazionale a rendere permanente quella che, da lì in avanti, dovrà essere la "festa dei lavoratori di tutti i paesi".
Tra Ottocento e Novecento
Inizia così la tradizione del 1 maggio, un appuntamento al quale il movimento dei lavoratori si prepara con sempre minore improvvisazione e maggiore consapevolezza. L'obiettivo originario delle otto ore viene messo da parte e lascia il posto ad altre rivendicazioni politiche e sociali considerate più impellenti. La protesta per le condizioni di miseria delle masse lavoratrici anima le manifestazioni di fine Ottocento.
Il 1 maggio 1898 coincide con la fase più acuta dei "moti per il pane", che investono tutta Italia e hanno il loro tragico epilogo a Milano. Nei primi anni del Novecento il 1 maggio si caratterizza anche per la rivendicazione del suffraggio universale e poi per la protesta contro l'impresa libica e contro la partecipazione dell'Italia alla guerra mondiale.
Si discute intanto sul significato di questa ricorrenza: giorno di festa, di svago e di divertimento oppure di mobilitazione e di lotta ?
Un binomio, questo di festa e lotta, che accompagna la celebrazione del 1 maggio nella sua evoluzione più che secolare, dividendo i fautori dell'una e dell'altra caratterizzazione.
Qualcuno ha inteso conciliare gli opposti, definendola una "festa ribelle", ma nei fatti il 1 maggio è l'una e l'altra cosa insieme, a seconda delle circostanze più lotta o più festa.
Il 1 maggio 1919 i metallurgici e altre categorie di lavoratori possono festeggiare il conseguimento dell'obiettivo originario della ricorrenza: le otto ore.
Il ventennio fascista
Nel volgere di due anni però la situazione muta radicalmente: Mussolini arriva al potere e proibisce la celebrazione del 1 maggio.
Durante il fascismo la festa del lavoro viene spostata al 21 aprile, giorno del cosiddetto Natale di Roma; così snaturata, essa non dice più niente ai lavoratori, mentre il 1 maggio assume una connotazione quanto mai "sovversiva", divenendo occasione per esprimere in forme diverse - dal garofano rosso all'occhiello alle scritte sui muri, dalla diffusione di volantini alle bevute in osteria - l'opposizione al regime.
Dal dopoguerra a oggi
All'indomani della Liberazione, il 1 maggio 1945, partigiani e lavoratori, anziani militanti e giovani che non hanno memoria della festa del lavoro, si ritrovano insieme nelle piazze d'Italia in un clima di entusiasmo.
Appena due anni dopo il 1 maggio è segnato dalla strage di Portella della Ginestra, dove gli uomini del bandito Giuliano fanno fuoco contro i lavoratori che assistono al comizio.
Nel 1948 le piazze diventano lo scenario della profonda spaccatura che, di lì a poco, porterà alla scissione sindacale. Bisognerà attendere il 1970 per vedere di nuovo i lavoratori di ogni tendenza politica celebrare uniti la loro festa.
Le trasformazioni sociali, il mutamento delle abitudini ed anche il fatto che al movimento dei lavoratori si offrono altre occasioni per far sentire la propria presenza, hanno portato al progressivo abbandono delle tradizionali forme di celebrazione del 1 maggio.
Oggi un'unica grande manifestazione unitaria esaurisce il momento politico, mentre il concerto rock che da qualche anno Cgil, Cisl e Uil organizzano per i giovani sembra aderire perfettamente allo spirito del 1 maggio, come lo aveva colto nel lontano 1903 Ettore Ciccotti: "Un giorno di riposo diventa naturalmente un giorno di festa, l'interruzione volontaria del lavoro cerca la sua corrispondenza in una festa de'sensi; e un'accolta di gente, chiamata ad acquistare la coscienza delle proprie forze, a gioire delle prospettive dell'avvenire, naturalmente è portata a quell'esuberanza di sentimento e a quel bisogno di gioire, che è causa ed effetto al tempo stesso di una festa".
fonte: Cgil di Roma e del Lazio - Archivio Storico "Manuela Mezzelani"
cliccate sulle foto e si ingrandiscono. Dal 1995 il Rione Lama di Oria – nel giorno dedicato all’Immacolata Concezione, l’8...
La Cripta di Crisante e Daria
Presentazione Storico/Culturale del Castello d'Oria
Bar Carone - La SCARPETTA
"Lu Picurieddu ti Pasca"
i Miei Pensieri...
Fotografare era la mia passione: mi consideravo soddisfatto solo quando riuscivo a far "parlare" la fotografia.
Dedicavo gran parte del mio tempo a realizzare scatti, sempre con l'intento di cogliere l'attimo negli eventi, nelle cose e nelle manifestazioni più varie della natura.
Amo la spontaneità e mi affido all'intuizione.
I risultati migliori infatti li ottenevo quando fotografo all'insaputa del soggetto, e la foto è pura espressività.
Infine, penso alla fotografia come ad un'arte che matura e si evolve attraverso la passione, l'impegno e a una continua ricerca.
La fotografia è anche, un dettaglio della Vita, poter rivivere con serenità i ricordi di un momento particolare.
In queste pagine sono lieto nel proporvi alcuni scatti fotografici dove la naturalezza della scena evidenzia particolari in grado di rendere bella una foto e addolcire la scena fotografata.
Non mi è stato possibile chiedere a tutte le persone, le cui foto sono presenti in questo sito, se gradivano o meno questo inserimento; qualora qualcuna si ritenga offesa o infastidita da ciò, non ha che da telefonarmi o inviarmi e-mail all'indirizzo sotto pagina indicato ed io provvederò a togliere la o le foto indicatemi !